Premessa: nel mio background sono stato (quindi sono e sarò sempre) un beatles-fan. Ho quindi vissuto nella mia adolescenza la beatlemania e tutto quanto annesso. Per ragioni anagrafiche sono da annoverare tra coloro che hanno scoperto i Beatles solo anni dopo il loro scioglimento avvenuto nel 1970, anno che coincide con l’uscita del loro ultimo loro album “Let it Be”. Diciamo quindi, sono di seconda generazione dato che gli anni ’60 sono stati quelli della mia nascita e della mia prima infanzia.
Detto questo, beatles-fan ok però negli anni devo dire di non essere mai appartenuto all’ala ortodossa oltranzista e ai riti di coloro che vanno in sullucchero per qualsiasi loro prodotto, forzosamente o forzatamente inserito nel mercato sotto il marchio “Beatles”. Marchio che comunque vanta una filiera industriale e un fatturato a tutt’oggi di primissimo ordine, ma non è tanto questo il punto.
La mia passione per la loro musica è strettamente correlata all’innamoramento che ho della loro filosofia artistica, che peraltro è quella che ha generato tutta la loro discografia. Mi spiego meglio. La qualità principale che non smette mai di stupirmi ancora oggi, è la costante capacità di aver saputo dettare anno dopo anno, la grammatica musicale con ogni trasformazione della cultura pop lungo tutto l’arco di un decennio, quello degli anni ’60. Un fenomeno discografico e di costume che non si era mai verificato prima del loro arrivo. Nè tantomeno si è poi più ripetuto dopo la loro fine. Il concetto di fondo è che ogni disco dei Beatles è riuscito sempre a trascendere e soppiantare il precedente fino a renderlo “superato”, grazie alla creatività musicale insita, protesa verso un percorso di continua evoluzione e crescita ed in sostanziale armonia di intenti tra tutte le loro personalità. Ogni album comunque diveniva puntualmente un successo planetario, ma la strada scelta per arrivarci è sempre stata la più impervia da percorrere perchè metteva regolarmente in discussione ogni sintassi musicale già creata in precedenza. Alle altre band in circolazione non rimaneva quindi che uniformarsi e rincorrere il loro sound che mutava di volta in volta. Risultato: i Beatles finchè c’erano sono sempre stati un passo avanti al resto del mondo. Album dopo album, dal 1963 fino al 1969, anno che segna la fine delle loro carriere artistiche sotto un unico nome.
Detto questo devo dire che l’operazione postuma di “Free as a bird” del 1995 non mi ha mai convinto. Ancora meno mi convince questa “Now and Then” di recente uscita 2023 e ne spiego i motivi.
Il tutto nasce da una melodia, forse una canzone incompiuta, canticchiata al piano da John Lennon nel 1977, registrata in modo del tutto fortunoso che solo le più recenti tecnologie audio arricchite di Intelligenza Artificiale hanno consentito di ripulire la sua voce separandola dal pianoforte in modo così pulito e cristallino tale da raggiungere standard qualitativamente impensabili fino a pochi anni fa.
Questo spiega perchè solo oggi e non trent’anni fa, esce “Now and Then”.
Poi mi soffermerei un attimo sulla timeline degli eventi reali.
Come detto era il 1977. Per chi conosce un minimo la storia del gruppo, i Beatles si sciolgono sette anni prima. Un’eternità, se si pensa che negli anni ’70 cambia tutto rispetto agli anni ’60. John nel ’77 non faceva più dischi solisti da almeno due anni. E il disco successivo arriva praticamente tre anni dopo, ovvero nel 1980 con “Double Fantasy”, che esce poco prima della sua tragica morte. Per John quel disco, fatto con Yoko Ono, fu concettualmente quanto di più lontano dai Beatles si possa immaginare. Forse anche più della sua famosa “God” che uscì proprio nel 1970 a ridosso dello scioglimento dei fab four. In quel brano scrisse i famosi versi: “I don’t believe in Beatles” e “but now I’m reborn, I was the walrus but now I’m John”.
Questo era quindi il John Lennon reale, ovvero quello decostruito dal mito dell’industria della nostalgia e dello spettacolo perenne a tutti i costi. Inoltre tra il 1975 e il 1980 c’è da considerare che John non ha più fatto uscire niente, neanche un disco da solista e si dedicò interamente al proprio recupero psicofisico, spirituale e privato di coppia con sua moglie Yoko con il suo piccolo figlio Sean di appena 2 anni. Escluderei quindi che nel 1977 gli sia mai saltato in mente di voler riformare i Beatles con quella canzone accennata sul nastro.
Le storie che ascoltiamo oggi su “Now and Then” secondo me sono solo dei pensierini affettuosi carichi di nostalgia degli altri due superstiti nel corso dei loro beati secondi quarant’anni di vita e oltre. Tutto molto comprensibile, ma da qui a chiamare il brano col nome “Beatles” ce ne corre.
Non parliamo poi del videoclip sconcertante del regista Peter Jackson, che fotografa un pò tutto il senso dell’operazione, ovvero portare i Beatles nella dimensione culto dei santini da reliquia, cristallizzati in un eterno presente lungo sessant’anni.
Ma anche no, grazie.
Menzione a parte invece la farei sull’album beatlesiano postumo “Love” del 2006, sicuramente il migliore tra i loro album postumi, dove troviamo un rimaneggiamento sopraffino di loro canzoni già edite, inserite in un flusso creativo del tutto inedito e innovativo, sotto la sensibile e attenta regia di Giles Martin, figlio di cotanto padre George Martin, storico produttore e arrangiatore del celebre quartetto di Liverpool. Se dovessi dare un voto a questo disco gli darei ancora oggi un bel nove e mezzo.
Cosa importante: nessun beatle superstite è stato scomodato per risuonare a nuovo delle parti di musica. Non ce n’era bisogno. Erano già tutte perfette così. Tutto il lavoro è derivativo dai master dei classici originali inseriti però in un nuovo e affascinante contesto sonoro.
E qui vengo al punto: tra le tante cose che mi è capitato di leggere in giro nessuno che si sia mai chiesto: ma a John, se fosse stato vivo sarebbe davvero piaciuta tutta l’operazione “Now and Then”? E già che ci siamo, dato che erano entrambe canzoni sue, anche di “Free as a Bird”?
Mi rendo conto che qui si entra nel campo dell’opinabile e del “così è se vi pare”.
Ora non voglio arrogarmi alcun potere medianico o di connessione con l’al di là, che peraltro non ho, ma sono sempre più convinto che operazioni di questo genere non sarebbero affatto piaciute a John. Probabilmente il suo spirito iconoclasta le avrebbe demolite, senza se e senza ma, preferendo magari in questo periodo più puntare l’indice sulla questione palestinese / genocidio Gaza. Probabilmente si sarebbe distinto insieme a Roger Waters.con qualche dichiarazione o gesto eclatante in tal senso. La rianimazione virtuale del celeberrimo quartetto di Liverpool scioltosi nel 1970 probabilmente non sarebbe stato il primo dei suoi pensieri nella turbolenza di questo particolare momento storico.
Se davvero Paul McCartney e Ringo Starr volevano omaggiare un amico che non c’è più, per rispetto avrebbero potuto al massimo trattare un suo brano per restituirlo al naming del suo autore originale, ossia John Lennon. Senza accamparci sopra altro. Sull’utilizzo del nome Beatles forse era meglio una suggestione neanche troppo velata, che il peso immane di un nome che oggi nel 2023 porta tutto fuori contesto e fuori luogo, con risultati di dubbio gusto.
C’è a chi tutto questo piace. A me no.
Per il semplice motivo che non esistono e non sarebbero mai potute esistere nuove canzoni dei Beatles da dopo il 1970. Ogni cosa è figlia del proprio contesto e del proprio tempo. Ed è giusto che sia così.
Di simile mi torna alla mente l’esperienza discografica di diversi anni fa di Natalie Cole che duetta con il celebre padre Nat King Cole, rivitalizzato nella nuova versione di un classico evergreen denominato “Unforgettable”. Al di là dell’indiscutibile valore del brano operazione intrigante dal punto di vista creativo derivato dalle nuove tecnologie di utilizzo vocale, ma niente più.
Ecco un concetto sul quale cerco di interrogarmi in questo periodo: la controversa e sempre più stretta relazione tra Tecnologia e Sentimenti.
“Now and then” di fondo mi sembra solo un modo per dare rassicurazione all’ego di tanti, tranne che a quello di John. Pace all’anima sua.
H501L voto: 5*
*5 è la media tra: 3 all’operazione commerciale con il nome “Beatles” di “Now and then” // 7 al brano originale di John